Si può fare..
È tutto quello che si può dire dopo tre anni di pandemia, dopo il discorso del nostro Presidente Gabriele nell’assemblea soci e le parole dei membri del direttivo 5 cascine.
Ed è così che oggi mi convinco che si può tornare a sognare e far sognare raccontando di quel giorno che a me sembra ancora un sogno: 11/12/2022. Lo definisco il mio regalo di Natale 2022, ma è qualcosa di più. È un giorno che aspettavo da anni e che pensavo non potesse più accadere.
Quando si allarga la famiglia con l’arrivo della terza figlia e tutto questo combacia con l’ingresso nel lockdown nel bel mezzo di una pandemia, non vedi molto realizzabile neanche correre pochi chilometri. Nel 2020 l’illusione di tanti runners era di poter prendere parte a qualche appuntamento podistico verso la coda dell’anno ed io facevo parte di quelli. Correvo pochi chilometri perché mancavano le tapasciate ed era vietato correre in gruppo.. io correvo sola, spesso nei boschi e la sola compagnia non tanto gradita è stata a volte determinata dall’incontro con qualche cinghiale.. a me poco importava perché speravo come tanti di tornare a breve alla normalità.
Arriva Ottobre e decido di iscrivermi ad uno dei miei appuntamenti preferiti, consapevole che sarebbe potuto essere cancellato. Così è stato, proprio il giorno della mia uscita più lunga e l’evento è stato disputato solo dai top runners. Fortunatamente l’organizzatore della gara podistica offre a tutti gli iscritti la possibilità di mantenere valido il pettorale per il 2021 o addirittura per il 2022.
Non mi rimane che sperare nel 2021 e così cerco di ingranare le marce e a settembre le gambe tornano – seppur con fatica – a girare. Dopo aver iniziato la preparazione tutto si blocca di nuovo, questa volta però non per il Covid. Una persona cara che ha significato molto per me, la zia poco più grande di una sorella che per anni è stata una guida, mi ha chiesto aiuto e le energie mie e della mia famiglia sono andate tutte lì. Abbiamo lottato tutti contro la malattia e la pandemia, la nostra “corsa” è stata una lotta contro il tempo, poco tempo.
Così il 2022 non ci regala altro che l’epilogo più triste, l’epilogo che mai avrei voluto e quel 5 agosto ho fatto una promessa: correrò per te fino al traguardo. Così senza seguire tabelle, come all’inizio della mia storia podistica, fidandomi semplicemente dell’istinto – con un po’ di esperienza in più alle spalle – riallaccio le scarpe per correre quasi ogni giorno.
E come si fa con tre figlie? Ogni uscita è progettata, pensata giorni prima: si corre in pausa pranzo, si corre durante l’ora di danza delle figlie sfruttando fino all’ultimo minuto, si corre con una lampada frontale la sera.. tanti gli stratagemmi e le motivazioni ma ciò che conta è stato sentire che, nonostante tutti questi anni di lunghi stop e riprese, si può ancora fare.
Così quel pettorale del 2020 viene riscattato e mi prometto che l’11/12/2022 la MARATONA di Reggio Emilia si deve fare, la devo a me stessa, la devo alle persone care che ho visto andare via in questi anni. Corro 2 mezze maratone per riprendere confidenza con le uscite agonistiche e aggiungere un po’ di ritmo: la Mezza di Varese a settembre, corsa in 2 ore sotto un diluvio, e la mezza di Busto a novembre, che non delude e anzi mi regala sempre il ricordo della mia prima mezza.
Arriva poi il momento di affrontare i lunghissimi della domenica, che grazie al lavoro di squadra con Agostino sono riuscita a preparare: un papà che si occupa delle bambine per una mattina intera non è cosa sempre facile. Ho organizzato le uscite sfruttando tutte le strade che conoscevo e, consapevole che la maratona di Reggio secondo i miei ricordi sarebbe stata nelle campagne tutta su e giù, ho sfruttato al meglio il giro delle nostre cascine facendo combaciare 2 ristori di the caldo nei miei passaggi a casa della mamma (conosciuta da tutti come la maestra Assunta). Agostino monitorava le mie uscite su whatsapp controllando la mia posizione, da lì poteva capire dove mi trovassi, così ad accogliermi al rientro sotto casa c’era il suono della trombetta delle figlie.
Ma non immaginavo che la cosa più bella sarebbe stata quella di partire tutti insieme alla volta di Reggio Emilia, arrivare in città, entrare nel palazzetto e andare insieme alla mia famiglia al ritiro pettorali. Non sentivo questa adrenalina da anni e la sera non è mancata l’agitazione: preparare tutto nei dettagli, anche il necessario per le bambine che sarebbero rimaste al freddo tutto il giorno.
Al mattino tutto era pronto e nonostante le temperature d’inverno io sfodero pantaloncino, maglietta e manicotti (ormai rodati da settimane). Alla partenza, nonostante le temperature proibitive, sento solo l’odore di arnica che mi mancava da un po’. Tutti i palloncini sono schierati molto avanti rispetto a me ed io timidamente rimango indietro, per evitare di farmi prendere dalla foga iniziale. Mi sento come alla prima maratona di Nizza-Cannes ma allo stesso tempo l’esperienza mi porta a Roma 2015.
Così allo sparo faccio partire il mio Garmin e resto vicino ai pacers delle 4h e 15 minuti: perchè rischiare tempi proibiti? meglio volare basso mi dico. Sto con loro per i primi 5 km ma poi il mio ritmo prende piede e raggiunta la mia media da crociera viaggio a fianco di podisti provenienti da tutta Italia. Non mi capitava da secoli di vedere così tanti podisti amatori e allora mi aggrego come ho sempre fatto a quelli col mio stesso ritmo, ascoltando storie di preparazioni di maratone: tanti i podisti che non si sono fatti mancare nulla in questi anni e c’è chi poche settimane prima di Reggio aveva corso altre 42.
Non ci vuole molto a scoprire di essere forse l’unica del gruppo ad aver corso solo 2 mezze maratone negli ultimi 5 anni. E se da un lato mi manca quel periodo di tante maratone una dietro l’altra, dall’altra sono consapevole che adesso è già buono correrne una. Tutti correvano facendo calcoli, chiedendosi dove fossimo finiti.
Ed io invece mi “godo” il panorama, fatto di campagne e di tanti su e giù, mietendo metri sotto le mie scarpe, senza pubblico a fare complimenti perché ad incitare c’erano solo i volontari ai ristori. Il mio punto di forza è stato proprio questo: essermi allenata nei nostri dintorni di casa, abituandomi alle distese di soli campi, in solitudine, pensando solo a mettere un piede davanti all’altro, prevedendo i momenti di crisi e risolvendoli da sola.
Dal 18esimo km si affiancano 2 podisti di lungo corso: uno di loro è sempre stato un pacer di maratona, in particolare a Reggio. Non so quale sia stato il motivo ma proprio lui decide di “darmi” un aiuto: mi da il ritmo, andatura, suggerimenti…insomma un pacer personale, cosa che non succedeva da anni.. passiamo la mezza, poi il 25° chilometro ed al 27° in un momento di mia crisi mi chiede: “quanto hai corso l’ultimo lungo?”… Rispondo: “38 km in 4 ore..possono bastare?” Secondo lui ero pronta. Ma quando ha alzato il ritmo non sono riuscita a tenerlo, complice anche il fatto che dal 28° chilometro inizia a piovere e incontro il mio unico ostacolo: il freddo.
In tutte le uscite sperimentate con qualsiasi condizione climatica, l’unico nemico è sempre stata la pioggia fredda. Speravo di riuscire a fare ancora il famoso negative split, ovvero incrementare il ritmo negli ultimi chilometri.. invece rimasta sola mi ritrovo al 30° chilometro con lo stomaco bloccato: avrei vomitato ad ogni metro e non riuscivo più né a bere né ad alimentarmi.
Fortunatamente ero abituata dai miei lunghi a fare a meno degli zuccheri, perchè ho sempre corso limitando le scorte d’energia e facendo solo 2 soste d’acqua. Ma la cosa buona è stata che nonostante i 4°C, la pioggia fredda e le gambe che iniziavano a dare segni di cedimento, mi avvicinavo sempre più verso l’ultima parte di gara mantenendo però il mio ritmo di 5:40 min/km. Ho stretto i denti dal 30° km cercando di incoraggiare chi si fermava, cercando di ingannarmi ricordando le mie uscite solitarie, immaginando Agostino intento a guardare sull’app dove fossi: non potevo deluderlo, non potevo mandare all’aria la mia preparazione e gli sforzi di tutti.
Mi dicevo che l’importante era arrivare senza curarmi del cronometro. Tuttavia avevo i pacers delle 4 ore poco davanti a me, erano in anticipo sulla loro marcia e stavano rallentando: perché non provarci? Sarebbe stato bellissimo tagliare il traguardo con loro e mi sono detta “si può fare”.
Arrivo al 35° km e si aggrega a me un ragazzo che ha appena fatto New York, non ha più gambe e vorrebbe un passaggio fino all’arrivo: perché no? 7 km assieme non sono molti, tutto questo in un parco che non finisce mai. All’uscita mancano poco più di 3 km al traguardo e mi sembra un sogno. Davanti ancora i pacers delle 4 ore, si rientra negli stradoni lunghi di Reggio Emilia e peccato per la pioggia che non molla e anzi si intensifica.
Passo il 41esimo km e non vedo l’ora di vedere le mie piccole pronte ad accogliermi. E di fatto eccole lì, con Agostino al riparo della pioggia, a 200 mt dall’arrivo che mi urlano “mamma, mamma”. Taglio il traguardo in 4 ore esatte, un minuto dietro i pacers. La commozione è enorme.
L’asciugamano che i volontari mi mettono addosso asciuga sudore e lacrime di tutti questi anni. Dietro di me non ci sono solo quei 42 km di asfalto: ci sono i 65 km (è più ) di media a settimana corsi in solitaria negli ultimi 3 mesi, 3 anni di pandemia, momenti di gioia per l’arrivo di Agnese ma anche di dolori per chi ci ha lasciato.. e non mi rimane che guardare su e dire: questa 42 è per te zietta, a te che mi hai insegnato a lottare e che vale la pena allacciare le scarpe e correre ancora!
Anche Agostino era sorpreso al mio arrivo: “ti ho vista partire con i pacer delle 4:15 e pensavo di vederti arrivare con loro.. poi dall’app ho visto che saresti arrivata con le 4 ore: ho dovuto accelerare il pranzo alle piccole per non perderci il tuo arrivo”. Questa si che è stata una soddisfazione: arrivare meglio rispetto alle mie aspettative.
Non so ancora quante altre maratone riuscirò a correre ma di sicuro ho scoperto che per correrne una bisogna continuare a sognare e far sì che i sogni un giorno diventino realtà.
Devo dire grazie a mio marito che con pazienza si è preso cura delle piccole nelle uscite lunghe ma non solo. Anche per aver organizzato il viaggio a Reggio e per quella pasta al pesto della sera prima, la migliore che abbia mai mangiato e non ultimo per aver creduto in me. Grazie anche a mia mamma per i the preparati e per tutti quelli che hanno fatto il tifo per me, alle mie figlie: Anna, Noemi e Agnese.
E Grazie Reggio per avermi regalato una 42 in 4 ore!