L’Autentica

“La corsa può essere un modo per diventare una persona più grande, per trovare qualcosa che va al di là delle prestazioni e dei tempi”.

E’ ormai sera e sono seduto sulla balaustra della fontana in Piazza Syntagma quando il libro che sto leggendo mi sottopone questa considerazione che mi sembra perfetta dopo la maratona che ho corso oggi.

L’Autentica. Così, se volete con un po’ di enfasi, gli organizzatori chiamano la maratona di Atene; e certo il percorso definito dalla linea blu che collega lo stadio di Maratona con lo stadio Panathinaiko (dove nel 1896 si concluse la prova regina dei primi Giochi Olimpici dell’era moderna e da cui Stefano Baldini nel 2004 uscì con l’oro al collo) giustifica ampiamente l’appellativo. Anche Filippide sottoscriverebbe.

E’ questo lo scenario che ho scelto per il mio secondo tentativo sulla distanza dei 42,195 km, 5 anni dopo Venezia: considerando che persino le Olimpiadi si tengono ogni 4 anni e sembra un tempo interminabile…beh era ora, qualcuno di voi dirà non a torto.

E se ne cercavo una di livello, eccomi accontentato – forse pure troppo, mi dico una volta studiata bene l’altimetria. Sì, perché il grafico che la descrive sul sito riporta sulla sinistra l’arrivo e sulla destra la partenza: quindi quando me ne accorgo – chi mai si aspettava questa modalità di lettura? – il mio gongolare per aver scelto una maratona con una ventina di km in discesa si trasforma in sgomento nel realizzare la leggera, lunga e costante salita che mi aspetta nel cuore della gara. Amici dello sterrato, vi sento: so che state dicendo che ci sono corse mooolto più dure, con moooolto più dislivello, ma come mi hanno confermato i miei due compagni di stanza ultratrailer e skyrunner bulgari a casa di Christos, una cosa è una 70km in montagna, un’altra una maratona su strada.

Inoltre questa la dovrò correre senza punti di riferimento, non sono previsti pacer, non c’è il Sant’Agostino Alberti del 2013: quanto basta insomma per aggiungere un dubbio in più a questa sfida.

Che poi, ma perché correre una maratona?

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“Gli antichi sapevano invece che qualunque meta non è mai il punto di arrivo, è il punto di svolta. E che il senso di qualunque scelta, di qualunque viaggio, non è mai solo dove si arriva: tutto sta nel perché si parte”.

Vero, scopro che è vero. Sarà per questo che la sensazione della tensione che si scioglie e inumidisce gli occhi mentre cammino verso il ristoro dopo aver chiuso la gara è la stessa che ho provato pochi minuti prima del via.

Personalmente, il fascino e la storia che questo evento emanano sono stati un indubbio fattore di attrazione. Ma se scavo sotto le motivazioni più o meno da podista, affiora la voglia di fare un passo (a dire il vero, ben più di uno!) oltre la mia confort zone, di scombussolare per un po’ la routine aggiungendo una variabile in più.

Se è vero che si migliora mettendosi alla prova nelle difficoltà, allora la sfida è provare ad arrivare all’appuntamento al meglio della condizione fisica e mentale, incastrando i km da correre in un’agenda con pochi spazi liberi senza perdere lucidità ma anzi cercando di trasferire le endorfine positive generate dall’attività fisica in tutti gli appuntamenti in calendario.

Ho sperimentato quanta motivazione extra scaturisce dal riuscire a bilanciare le energie di testa e corpo, e che essere presente al 100% in quello che si fa permette di vivere con più gusto e sentire anche meno la fatica.

A cronometro fermo, la soddisfazione è al massimo e davvero non (solo) per le ore, i minuti e i secondi del real time, ma perché posso dire di sentirmi più grande, intendendo con ciò l’essermi scoperto più forte e consapevole di me stesso.

Lì, alla partenza, in mezzo ad altre 18.000 che attendono lo sparo, la mia testa ripensa ai 3 mesi che mi hanno portato a essere qui. Ai luoghi e alle persone che mi hanno accompagnato.

Per una maratona che si corre nella terra alla cui lingua dobbiamo il termine Europa, è stata un’esperienza affascinante prepararla allacciando le scarpe da corsa in almeno 5 nazioni diverse, attraversando il nostro continente letteralmente da est a ovest, da nord a sud: dai primissimi 9km l’ultimo giorno di vacanze a Tallinn alla Royal Parks Half Marathon a Londra il mese scorso per testare la condizione, dal buen retiro di fine agosto a Wrocław in Polonia alle uscite serali o mattutine per le strade di Cislago e dintorni che noi runner 5 Cascine ben conosciamo. Per approdare infine qui in Attica, Grecia.

Prima di lasciarvi, un grazie a tutti coloro che, vicini o lontani, consapevoli o inconsapevoli, mi hanno sostenuto e reso possibile questa avventura: a chi mi ha consentito anche con il lavoro in palestra di arrivare al top della forma (grazie Sara!), a chi mi ha permesso di scaricare, specie nelle ultime settimane, la tensione e la stanchezza che si accumulavano e di mettere in circolo forze fresche (grazie La Fiaba Animazione & Spettacolo!), a chi ha condiviso come me i segreti dell’allenamento pre-maratona (grazie Parri!) e ai compagni di corsa delle tapasciate della domenica.

Un mega Efharisto infine a Daniele per avere lanciato la proposta, per l’organizzazione della trasferta e per la facilità con cui mi ha accolto nel suo gruppo di amici.

“La meraviglia -e la liberazione- è scoprire che il primo passo di ogni scelta non è raggiungere l’obiettivo, ma accettare il cambiamento che porta con sé. E saper sorridere quando si oltrepassa la nostra intima meta, il punto bellissimo di non ritorno, perché a cambiare siamo stati noi”.

 

Ps. La linea del bus che mi portava in centro dal mio alloggio era la 209 Metamorfosi – Syntagma. Metamorfosi. E’ bellissimo quando tutto si tiene.

 

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