La Bavisela – 42km a Trieste

Correre per non dimenticare…l’articolo rimasto nel cassetto della Bavisela.

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Non era nei miei programmi la Bavisela e forse il bello è stato proprio questo. Le cose più belle sono sempre quelle improvvisate, spontanee, che arrivano con una ventata di freschezza e non può che essere così anche nella corsa. Quanto era scettico Agostino mesi fa ed aveva preferito iscrivermi alla mezza, pensando che i 42 di Padova sarebbero stati già un obiettivo di tutto rispetto. Ma da Padova non avevo pace. Perché rimandare un’altra occasione così? E più leggevo i blog dell’edizione 2012 della Bavisela e più volevo arrivare su quella tanto decantata salita del 24° Km per lasciarmela indietro e puntare ai 42. Ed è stato così che ho intrapreso la prima impresa del cambio pettorale, resa possibile dall’organizzazione. Stavo troppo bene di gambe e di testa dopo Padova che non potevo rinunciare a questa occasione. Agostino era preoccupato, ma io desideravo quel correre nel mezzo della festa, che a Padova era un po’ mancato. Forse è stato il sesto senso femminile, ma sapevo che a Trieste ci sarebbe stato qualcosa di magico. È stata la prima volta che mi sono trovata così tanto a est dell’Italia e la prima volta di Trieste. Sono rimasta a dir poco a bocca aperta, perché la bellezza del posto ha superato di molto le aspettative, già molto ottimiste per i racconti di chi già c’era stato. Ma La Bavisela supera nel suo piccolo anche le grandi Maratone più partecipate. La Bavisela è la festa della Maratona, della corsa, dello sport e della vita stessa. Venerdì sera arrivati nella piazza Unità d’Italia c’era musica, ballo e tanta vita attorno all’expo. È stata una vera e propria maratona di spettacolo quella del venerdì e del sabato, dove in ogni minuto le note delle band lasciavano spazio solo ai brividi dell’emozione. La presenza dei vip della corsa ha aumentato ancora di più la frenesia e anche questa volta sono tornata a casa con in tasca la foto scattata insieme ai beniamini della corsa: Migidio Bourifa “il bello dei maratoneti italiani” (non me ne voglia Agostino), Monica Carlin e Rosalba Console. È stata una bella ventata di primavera la festa della Bavisela, al punto che le fatiche affrontate fino a quel momento sembravano sciogliersi al vedere il mare ed il cielo sereno. Domenica mattina la sveglia risuona crudele, ma tutto è già pronto, basta indossare la nostra divisa e le scarpette perché la maratona non aspetta! E così ci riversiamo tutti sulle strade e ci sentiamo i padroni della città: in fondo sono solo le 6 e 30, tutti dormono e in strada ci siamo solo noi, podisti innamorati delle lunghe distanze, stoici nel nostro “resistere” e perseverare nel sacrificio. Il vento di Trieste soffiava (per fortuna non era la Bora!) e ci ha accompagnato verso i punti di raccolta delle navette, pronte a portarci a Gradisca (partenza della maratona). Sul pullman la tentazione di dormire era forte, ma lo era di più la tentazione di vedere il percorso che ci aspettava. Purtroppo proprio sul più bello le navette deviavano in autostrada e così ancora una volta non avevo potuto saggiare quella tanto temuta “salitona”…in compenso avevo saggiato bene quanto distante fosse Gradisca! All’arrivo i preparativi di rito sono obbligatori: stretching, ultimi massaggini alle gambe, integratori nella tasca posteriore del pantaloncino (col senno di poi per fortuna non ho ceduto alla tentazione di alleggerirla) e riscaldamento finale. Il sole è alto ma si fa sentire anche il vento per cui Agostino mi fa le ultime raccomandazioni: se c’è vento trova un gruppetto o qualcuno e stagli dietro…e non lasciare i pace makers…ok!? Ok…Mi metto in griglia proprio dietro ai palloncini verdi, ovvero i pace delle 4 ore ed il mio motto è: arrivare insieme a loro! Alla partenza la musica non manca e questa volta entra proprio nel sangue. Sole, musica e batticuore: era proprio quello che ci voleva! Allo sparo un ultimo sguardo al cielo, come augurio speranzoso che possa tenere questo sole benevolo e regalarci una corsa senza brutte sorprese. Ci metto poco a mettermi a fianco dei palloncini ed il passaggio in centro a Gradisca ci regala applausi e complimenti: siamo il gruppo più bello a detta del pubblico e, come qualcuno fa notare, correre con i palloncini ha il suo perché. Ma i pace non erano molto coordinati tra loro, hanno un ritmo più allegro del previsto, al punto che qualcuno azzarda la battuta: “secondo me ci renderemo conto che abbiamo sbagliato andatura quando supereremo i pace delle 3 ore e 45!!”. Non mancava di certo lo spirito ed io non perdo l’occasione di informarmi sulle salite e quindi la domanda al pace nasce spontanea: “che ritmo terrete in salita?”… “6 al kilometro”…beh allora ci posso stare. I primi 5 chilometri viaggio gomito a gomito con loro, poi ho deciso di staccarli di poco. Erano molto discontinui con il ritmo: tiravano per un chilometro per poi rallentare dopo, senza motivo, e così ho deciso di mettermi davanti e andare a 5 minuti e 40 a Km fisso. Mi sono meravigliata di me per la costanza e i pace mi hanno raggiunta al 17° chilometro dove il vento contrario mi aveva rallentata un po’. In corsa non ero mai sola, timore maggiore nei giorni precedenti quando leggevo che i partecipanti sarebbero stati pochi. Anzi, tra Italiani e stranieri eravamo sempre in buona compagnia e quasi quasi stavo azzardando a chiedere a Riccardo Fogli (in incognito tra i partecipanti) di cantarci una canzone…ma lui è andato avanti, per poi essere ripreso e staccato da noi in zona 22° Km (peccato…speravo in un “Piccola Katy”). Le particolarità non sono mancate, soprattutto dagli stranieri: un tedesco correva con la fotocamera ed ha filmato tutto, e Padre Pavel (un sacerdote Ceco) correva con in testa un cappello a forma di cicogna (le foto sono anche su runnersworld di giugno)! Riesco a fare un tratto di strada con Padre Pavel Cap, che al sabato ha elargito la benedizione sui podisti e anche lui correva di buona lena. Ne approfitto per raccontargli quanto accaduto all’expo di Milano, quando un podista dall’accento campano guardando il video diceva “al trentesimo chilometro si vedono le apparizioni e s’incontra il Signore e al 35° ci si parla assieme…”. Così chiedo a Padre Pavel se anche per lui è così e lui scherzosamente mi risponde “sì certo, è vero…poi al 40° c’è il Calvario!”.. Poi anche lui è andato avanti e qualcuno ha azzardato la battuta “dove corre Don? deve dir Messa?”…e la risposta non poteva mancare “vado a dare coraggio a quelli che sono avanti, un buon Pastore arriva prima delle sue pecore…”.

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Quanta buona compagnia e quel vento quasi non lo sentivo. Quando sono passata a Duino c’era ancora qualcuno del pubblico che applaudiva, nonostante la mezza maratona fosse partita già da 20 minuti. E proprio lì, al 21° ecco la prima salita ed io salgo su, cercando di tenere il passo mentre in tanti preferiscono camminare. Tengo ancora i palloncini, ma tra di loro qualcuno inizia a cedere…mi aggrego al pace che sta davanti a trainare tutti e dato il vento contrario seguo il consiglio di Agostino e mi metto dietro ad un podista di Vimercate. Dopo poco però si accorge che gli sono dietro e candidamente si sposta e mi dice “posso sfruttare la tua scia?”…speravo in un po’ di cavalleria ma aveva finito le energie ed allora vado avanti. Quel 24° chilometro temuto passa quasi senza accorgermene e la salita non era poi così impossibile. Forse era più la discesa da calcolare, la immaginavo amica per quei 10 km a partire dal 25°, ma le gambe tremavano. Ho tenuto fino al trentesimo i palloncini, ma poi loro hanno messo il turbo. Sapevo di non essere tanto lontana da loro e ancora potevo tenere, ma i rifornimenti sforniti mi hanno colta di sorpresa. Purtroppo l’organizzazione non ha tenuto conto che dopo il passaggio dei podisti della mezza maratona arrivano quelli che come me non sono certo dei top runners, e quindi mi sono dovuta accontentare di acqua e limone. Per fortuna non avevo ceduto alla tentazione di lasciare qualche gel per correre più leggera e riesco a sfruttare i 5 km di discesa per riguadagnare un po’ di terreno, spinta anche dal bel panorama sul mare e da chi ancora applaude agli spugnaggi. Con mia sorpresa ho ripreso alcuni podisti che mi avevano superata all’inizio ed allora riprendo un po’ di coraggio per affrontare gli ultimi sette chilometri interamente contro vento. Le energie erano quasi finite e dopo l’ultimo gel butto via anche la bottiglietta che avevo portato con me dal 15° chilometro per bagnarmi tra un rifornimento e l’altro. Un bambino di 3 anni si mette a correre di fianco a me, mentre qualcuno a bordo strada dice “dai! che manca poco”…questa la so…ma mancano sempre quei 40 minuti di corsa prima di intravvedere il traguardo!! Quando arrivo al 39° sono quasi arrabbiata per quel vento forte e seppure sono consapevole di terminare sopra le 4 ore aumento ancora il ritmo. Ero spinta dalla gambe, ma soprattutto dalla voglia di arrivare. Ho dato tutto quello che potevo in quegli ultimi chilometri e credo di aver corso talmente convinta di questo perché mi è valso l’applauso di chi aveva già terminato la mezza. A 100 mt dal traguardo c’era Agostino ad aspettarmi, come sempre, e varcando la soglia di Trieste è stato come portare una “ventata” di energia e dimostrare che nella corsa si va lontano soprattutto con la testa ed il cuore. Cosa c’è stato di così speciale a Trieste? Credo il sentirmi come quel vento che soffiava, lungo quei pendii che davano sul mare. Quante volte in quei chilometri pensavo “in fondo posso sempre dire che c’era vento ed era impossibile dare di più…” ma poi dicevo “non ci sono scuse, sarà anche impossibile andare a caccia di personale, ma il vento non deve essere una scusante”. La mia soddisfazione è arrivata il giorno dopo, quando ho letto sui giornali locali che la maggior parte dei top runner aveva peggiorato le proprie prestazioni di oltre 10 minuti rispetto al solito (tanti i ritirati che si sono lamentati proprio per il vento) e la prima donna aveva terminato con 2 ore e 40 minuti.. tutto sommato io sono stata sui miei tempi (migliorando di un paio di minuti la prestazione di Padova) e la mia costanza è stata ripagata dalla soddisfazione di aver fatto qualcosa in cui non tutti credevano, portando a casa un trofeo (una semplice maglietta) che porta scritto: Never Give in to violence – Boston 15 aprile 2013. Credo che queste ultime due maratone saranno sempre nei nostri ricordi ed anche se faccio fatica a crederci ancora, sono altri due fiori all’occhiello di cui vado fiera.

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Serena

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